Orsero risolve nodo debito

by Redazione Commenta

L'intesa sembra essere stata raggiunta tra il gruppo ligure e le banche.

A seguito di mesi di trattative l’azienda ligure Orsero, attiva nella produzione e distribuzione di frutta, ha raggiunto l’intesa di ristrutturazione del debito con le banche.

Al centro del confronto, che andava avanti almeno dalla fine del 2013, l’esposizione da circa 245 milioni che la holding della famiglia di Pietra Ligure (Savona), la Gf Group, presentava innanzi tutto nei confronti del gruppo Carige (40%) e in misura minore verso Mps, Bnl, Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Alle naturali difficoltà che una partita sul debito normalmente comporta, in questo caso, a prolungare i tempi si sono aggiunti i problemi che l’istituto primo finanziatore ha dovuto affrontare negli ultimi mesi, dopo la bocciatura ai test europei e un nuovo aumento di capitale alle porte. Anche perché poi Carige ora è amministrata da una nuova gestione ed è guidata dall’amministratore delegato Piero Montani, mentre i prestiti al gruppo Orsero risalgono alla fase in cui in sella all’istituto ligure c’era l’ex presidente Giovanni Berneschi.

Sta di fatto che, dopo trattative durate mesi, l’accordo sul debito, in attesa di essere omologato al tribunale di Savona, è stato raggiunto. E prevede, innanzi tutto, un aumento di capitale da 18 milioni da chiudere entro il 15 luglio, per il 75% delle quote già prenotato dalla famiglia Orsero. E’ possibile che il restante 25% che ancora manca sia riconducibile alla partecipazione di Antonio Orsero, che nel novembre del 2013, quando cioè era entrata nel vivo la ristrutturazione del debito, aveva abbandonato tutte le cariche nel gruppo, alle cui redini è rimasta la sorella Raffaella (c’è poi una terza sorella, Annachiara). L’accordo prevede poi l’emissione di strumenti finanziari partecipativi a dieci anni per 42 milioni che saranno in mano alle banche (e che perciò convertiranno in questo modo parte del loro credito). Verso la fine della scorsa estate, invece, si stava ragionando sulla possibilità di lanciare un prestito convertendo da oltre 100 milioni che sarebbe stato sottoscritto dagli istituti finanziatori, destinati perciò in un secondo momento a diventare azionisti. Con gli strumenti finanziari partecipativi, invece, le banche non diventano socie in senso stretto e, date le caratteristiche di questi titoli, non dovrebbero avere diritto di voto in assemblea.

Leave a Reply

Your email address will not be published.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>