Quando gli investitori devono chiedere l’affracamento

by Redazione Commenta

Da luglio è aumenta al 26% l’imposta sulle rendite finanziarie prima tassate al 20%: sugli interessi delle obbligazioni o sui dividendi  delle azioni, ma anche sui capital gain, cioè i guadagni dalla compravendita o rimborso di tali titoli. Meno conosciuto è il procedimento previsto per chi ha titoli in guadagno. Ad esempio con azioni Generali acquistate a 10 €, che adesso valgono sui 16 €, se si chiude l’operazione entro il 30 giugno, paga il 20% sul guadagno, da luglio, pagherà il 26%.

L’affrancamento è un’opzione, grazie a cui viene applicata la vecchia aliquota su tutti i guadagni calcolati ai prezzi del 30 giugno 2014, senza dover vendere e ricomprare i titoli, pagando doppie commissioni d’intermediazione. Con l’affrancamento l’imposta sarà al 26% solo per i capital gain successivi.

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Probabilmente oggi  molti investitori decideranno di optare per l’affrancamento e in questo modo l’Erario incasserà già il 15 novembre parecchi soldi che in caso contrario incasserebbe gli anni prossimi, al momento della vendita o del rimborso dei titoli.

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È difficile stimare le giuste dimensioni del fenomeno, che dipendono anche dalle scelte dei singoli risparmiatori. Partendo dai dati de “La ricchezza delle famiglie italiane” (Banca d’Italia, dicembre 2013) l’affrancamento delle obbligazioni e azioni quotate, quote di fondi comuni ecc. potrebbe fare ottenere al fisco anche 6-7 miliardi di euro. Sicuramente non sono imposte giustamente dovute almeno per quanti avevano minusvalenze degli anni passati, che si sono prescritte: questi oggi devono pagare, anche se hanno solo recuperato le perdite.

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