Operazioni binarie e forex: in Italia stabilita l’imposta del 26% sulle plusvalenze

by Redazione Commenta

 Come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione 71/E del 1° settembre 2016, gli utili, che sono  diretta conseguenza degli investimenti dei risparmi in operazioni finanziarie sul mercato ‘Forex e in Opzioni Binarie’, sono soggetti ad imposta sostitutiva – attualmente prevista nella misura del 26 per cento – a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

Nel caso in cui le operazione di trading producano delle minusvalenze, le stesse possono essere portate in detrazione.

La risoluzione, emanata dall’Agenzia delle Entrate, risponde concretamente al quesito sottoposto all’ente pubblico da un trader privato che ha specificato di  operare “sul mercato Forex e in opzioni binarie, presso broker internazionali attraverso piattaforme on line”, sottolineando che “la maggior parte dei suddetti broker sono localizzati nell’area UE (quali Cipro e Londra), mentre altri in località a fiscalità privilegiata (quali Seychelles e Nevis)”.

Il quesito posto nasce sulla scia di un’operazione di trading, che il trader ipotizzava avrebbero potuto essere dedotte dall’imponibile.

L’Agenzia delle Entrate è entrata nel merito e ha chiarito che il forex è stato assimilato ad uno

“strumento finanziario derivato” così come le opzioni binarie che, avendo una “struttura simile alle scommesse” devono essere assoggettate all’imposta sostitutiva del 26%.

“Il contribuente deve indicare tali redditi nel quadro RT del Modello Unico – Persone Fisiche e autoliquidare l’imposta eventualmente dovuta – si legge nella risoluzione  71/E -.

Mentre, l’eventuale eccedenza delle minusvalenze risultante nel medesimo quadro RT potrà essere portata in deduzione delle plusvalenze realizzate nei quattro periodi d’imposta successivi”.

Nel caso in cui le operazioni finanziarie sul mercato forex avvengano attraverso l’intervento di un broker straniero, al quale il trader si appoggia, l’Agenzia rimarca che “i broker esteri non sono uno dei soggetti previsti dalla norma che possono agire come sostituti d’imposta in Italia, si ritiene che il contribuente debba indicare i redditi diversi derivanti dai rapporti in oggetto nel quadro RT – denominato “Plusvalenze di natura finanziaria” – sezione II, righi da RT 21 a RT 30, di Unico PF 2016 per la cui compilazione si rinvia alle relative istruzioni (regime dichiarativo)”.

Chi opera nel “Foreign Exchange market”, più comunemente conosciuto come Forex o FX,  mette a punto operazioni di vendita ed acquisto simultaneo di valute.

Abbiamo a che fare con un mercato internazionale, che non può fruire di una sede unica e centrale, perchè gli scambi di valute avvengono on line in un ambito OTC, ovvero un mercato over the counter.

Entrando nel merito, parliamo di un mercato caratterizzato da un insieme di operazioni di compravendita su valute appartenenti a paesi collocati in ogni area del mondo.

Le quotazioni spesso si determinano dall’incontro fra domanda ed offerta da parte di operatori, abilitati ad esercitare.

L’interazione è garantita dalle reti informatizzate, che consentono di mettere in contatto, in tempo reale, i trader che operano in tutto il mondo.

I trader osservano con attenzione i mercati finanziari e decidono di optare per operazioni di acquisto o vendita al rialzo o al ribasso.

Prima del maggio 2009 il mercato del trading non aveva regolamentazioni ferree.

A fare da spartiacque fu la crisi dei mutui subprime ed il crollo di Lehman Brothers, due sfortunate circostanze che convinsero sulla reale necessità di porre dei freni, ma soprattutto di regolamentare le operazioni di trading.

Il vento del cambiamento si alzò dapprima negli Stati Uniti per poi consolidare la nascita di norme specifiche anche in tutti i paesi europei.

Il mercato del trading on line subì quindi una stretta, garantendo la messa a punto di regolamenti specifici sia sul fronte operativo che su quello fiscale.

In Italia Forex e CFD, ovvero Contract For Difference, che consentono di replicare il trend di un prodotto finanziario, sino al 17 settembre del 2010 non erano mai stati ritenuti degli strumenti finanziari. Questo prima della pubblicazione del decreto n. 141 del 4 settembre 2010, in esecuzione della direttiva europea 2008/48/CE.

Nel nostro Paese a produrre i primi segnali, che hanno condotto alla via del cambiamento, è proprio il decreto appena citato. A far seguito l’intervento della Consob che, nella Comunicazione n. DTC/DIS/DIN/12055030 del 2-7-2012, ha messo in chiaro che in tema di imposizione fiscale il trading online e le opzioni binarie “presentano una struttura simile a quella di una scommessa in quanto assicurano il pagamento di un importo predeterminato se l’evento (raggiungimento di un determinato livello di prezzo del titolo, indice o altro sottostante) si verifica, prima o entro una determinata scadenza temporale; nel caso in cui l’evento non si verifichi, l’acquirente l’opzione subisce la perdita di tutta la somma investita”.

Nel 2012, specificamente il 28 marzo, l’argomento è stato oggetto di una risposta ad un quesito da parte dei Servizi della Commissione Europea.

Il parere ha messo in chiaro che “le stesse in quanto contratti derivati regolati in contanti, appaiono riconducibili alla definizione di strumenti finanziari. Di conseguenza, le società che offrono servizi e attività di investimento in opzioni binarie dovrebbero essere autorizzate come imprese di investimento (ovvero banche) ai sensi della direttiva 2004/39/Ce MiFID”.

Il dado della disciplina fiscale ed operativa è stato così tratto e il cerchio si è chiuso, almeno sino ad ora, con l’intervento dell’Agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione 71/E del 1° settembre 2016.

In fatto di aliquote di riferimento, per tassare le operazioni finanziarie realizzate sul mercato del  forex, si è partiti dal 12,5 del 2010 per arrivare al mese di luglio del 2015 con una tassazione pari al 26%.

Se confrontata con la tassazione paritetica, vigente in molti altri paesi dell’Europa, la tassazione in Italia è inferiore. Alcuni territori infatti considerano i guadagni derivanti dal trading come un vero e proprio montante, da addizionare all’Irpef di riferimento, correndo il rischio che la percentuale della tassazione lieviti straordinariamente.

Le tasse sulle operazione di forex trading si pagano in base alle regole del paese in cui si è residenti, ma per effettuare operazioni specifiche ci si può appoggiare ad un operatore che ha la propria sede in una qualsiasi località nel mondo.

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