La novità del deprezzamento per restare competitivi.
Venti dollari saranno sufficienti. Fino a qualche tempo fa il costo di estrazione dello shale oil si attestava intorno ai 60 dollari, ma da allora i produttori Usa di greggio non convenzionale si sono adattati alla nuova era del petrolio a basso costo e ora sarebbero in grado di essere competitivi anche con il barile a 20-25 dollari.
La riduzione del prezzo del petrolio e la contrazione delle “torri†Usa (800 produttori sono stati appena tolti fuori dal mercato) non sono quindi sufficienti a fermare la corsa del petrolio a stelle e strisce. Ne è convinto anche il Ceo di Exxon Mobil Rex Tillerson. Durante i giorni scorsi l’amministratore delegato del gigante petrolifero ha comunicato durante una conferenza sull’energia a Houston che da quando la commodity è in picchiata i produttori di shale hanno ridotto le spesa in un range compreso tra il 25 e il 70%.
Ecco una panoramica fornita dagli esperti:
Dal 2008, grazie alla rivoluzione dello shale, la produzione Usa è quasi raddoppiata, superando i 9 milioni di barili al giorno. Nell’ultima settimana, stando ai dati diffusi dal Dipartimento dell’energia statunitense, le scorte di greggio hanno fatto registrare un nuovo record con un aumento pari a 5,3 milioni di barili. Segno anche che questo che il petrolio a stelle e strisce continua a godere di buona salute e che i tentativi di metterlo all’angolo compiuti finora dai Paesi dell’Opec non hanno prodotto grandi risultati. Gli stratagemmi messi in opera dai produttori da scisto per rimanere competitivi – si va dall’abbattimento dei tempi necessari per avviare un pozzo di shale oil (ora bastano 20 giorni circa, la metà rispetto a un anno fa) al re-fracking (che permette di eseguire più estrazioni dallo stesso pozzo) – finora sembrano aver funzionato.