Geneve Invest fa il punto sulla crisi economica brasiliana

by Redazione Commenta

 Daniel Jark, esperto finanziario della società di gestione patrimoniale Geneve Invest, fa il punto sulla difficile situazione economica del Brasile. La crisi del più grande paese sudamericano è ormai inarrestabile. Il Brasile si trova a dover fronteggiare la  peggiore recessione degli ultimi 25 anni, con una contrazione del PIL stimata addirittura al 3,5% per il 2015 e un tasso di disoccupazione arrivato al 7,6%, più alto di quasi tre punti percentuali rispetto a dodici mesi fa.

Il Brasile è il più grande esportatore mondiale di soia, carne, zucchero e caffè ed il secondo più grande esportatore di grano, minerali ferrosi e prodotti siderurgici, prodotti che rappresentano il 62 per cento del valore delle esportazioni brasiliani. “Il calo dei prezzi delle commodities ha certamente influito in maniera determinante sulla riduzione, attestatasi intorno al 17 per cento, delle esportazioni verdeoro nel 2015 – analizza Daniel Jark di Geneve Invest -  ma non spiega da solo le difficoltà brasiliane. Paesi come Cile, Perù e Colombia sono stati infatti interessati dagli stessi fenomeni, ma hanno chiuso l’anno registrando una crescita.”

Sono diversi i punti risultati determinanti per la crisi brasiliana. Innanzitutto, la svalutazione della moneta nazionale, il real, che ha provocato una crescita dell’inflazione del 10,5 percento nell’ultimo anno, la più alta dal 2003 ad oggi, con un impatto immaginabile su consumi e salari.  In secondo luogo, l’aumento del tasso di interesse della Banca Centrale del Brasile, portato sino al 14,25%, partendo dal 10% di un anno fa, una misura che ha prodotto un inevitabile rincaro del credito interno (36 per cento del tasso di interesse) ed una contrazione. “A ben vedere ci sono forti indicazioni per cui il ciclo di recessione brasiliano è spiegato più dalle politiche di austerità attuate dal nuovo team economico della presidente Dilma Rousseff che come conseguenza del ciclo economico globale”, continua Daniel Jark di Geneve Invest.

Vi è infatti, appunto, una decisa matrice politica dietro la forte flessione dell’economia brasiliana. Durante il suo primo mandato, fra il 2011 ed il 2014, Dilma Roussef ha impostato una manovra finanziaria che ha incluso l’aumento delle pensioni più alte ed un taglio delle tasse per alcune imprese. Il risultato della manovra è stato un deficit di bilancio passato dal 2% del PIL del 2010 al 10% del 2015. È a partire da quelle scelte che il Brasile ha cominciato la sua discesa e si trova oggi a dover accettare un’unica ricetta possibile per provare a ripartire: aumentare le tasse e tagliare la spesa.

L’economia brasiliana è sprofondata in una recessione così profonda da indurre la banca d’affari Goldman a parlare di”depressione economica a titolo definitivo.” Il debito pubblico è stato portato dalle agenzie di rating internazionali al livello “junk”, mentre il nuovo ministro dell’economia, Nelson Barbosa si trova a doversi confrontare con un mostruoso deficit primario 2015 da 13,3 miliardi di dollari.

Barbosa dovrà intervenire innanzitutto sulle pensioni. Il Brasile oggi investe quasi il 12% del PIL per gli assegni di previdenza sociale, una quota addirittura più alta di quella del Giappone. Non potrebbe d’altronde essere altrimenti in un paese nel quale le donne, in media, vanno in pensione a 50 anni, mentre gli uomini smettono di lavorare a 55.

“Non ci sono soluzioni miracolose per il Brasile, ma soltanto la possibilità di introdurre alcuni cambiamenti sistemici e strutturali che potrebbero riaccendere la fase di crescita – spiega Daniel Jark, da diversi anni impegnato con Geneve Invest nell’analisi dei contesti di mercato stranieri – ad esempio riducendo il carico fiscale per le imprese virtuose ed aumentandolo su quelle che hanno sino ad oggi beneficiato di grandi contributi statali. La ricetta è insomma innanzitutto politica, bisognerà infatti intervenire radicalmente anche su un mercato del lavoro che è ancora oggi strutturato sul modello fascista e che rende difficile per le imprese sviluppare redditività:  serve un mercato del lavoro più flessibile, in grado di stimolare gli investimenti e di migliorare la produttività del paese.”

Solo così sarà possibile provare a riportare il Brasile alla guida del continente latinoamericano.

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