
I danni derivano anche e soprattutto dal fatto che a distanza di quasi due mesi dal crollo i numerosi tentativi posti in essere dalla compagnia petrolifera per cercare di arginare i danni non hanno dato alcun esito positivo, anzi, la situazione va peggiorando di giorno in giorno.
L’incidente rappresenta un duro colpo non solo per l’ecosistema e per le popolazioni che abitano nelle zone colpite dal disastro, ma anche e soprattutto per British Petroleum che dovrà sborsare cospicui risarcimenti a favore della popolazione locale, che vive soprattutto di turismo e attività ittiche, fonti di sostentamento irreparabilmente danneggiate dall’incidente.
E’ evidente, dunque, che nei prossimi mesi la compagnia petrolifera sarà chiamata a sborsare ingenti somme di denaro, per non parlare dei costi che ha sostenuto e che sta ancora sostenendo per cercare di arginare i danni provocati dal crollo della piattaforma. Proprio per questo motivo, quindi, i vertici del gruppo hanno deciso di muoversi preventivamente e di raccogliere 50 miliardi di dollari, in particolare verranno emessi bond per 10 miliardi, verrà chiesto alle banche un prestito da 20 miliardi e nei prossimi due anni verranno venduti asset per 20 miliardi.
La notizia è stata riportata dall’edizione domenicale del Times, i vertici del gruppo hanno però deciso di non commentare l’indiscrezione di stampa.
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