Investire nel settore farmaceutico

Il settore farmaceutico, soprattutto in un periodo di crisi del mercato come quello che stiamo affrontando in questi mesi, rappresenta un punto fermo su cui investire. I titoli del settore farmaceutico, così come quelli del settore alimentare, sono per loro natura difensivi e riescono a controllare le perdite e reagire ai momenti difficili meglio che titoli di altri settori, come quello bancario o quello energetico.

L’andamento anti-ciclico dei titoli del settore farmaceutico è la loro forza. Il mercato dei farmaci conosce solo piccoli momenti di ribasso, dal momento che l’acquisto dei farmaci prescinde da motivazioni di tipo economico ed è correlato solo allo stato di salute della popolazione.

I titoli forti di questo settore sono quelli ricollegati alle grandi multinazionali del farmaco, quali Roche, Merck, Novartis, Astrazeneca, Glaxo e Pfizer, per citarne alcuni. Le ultime quattro settimane, in particolare, mostrano una particolare vivacità di questi titoli, con incrementi a cifra doppia per Glaxo, Astrazeneca e Novartis.

Un po’ meno positivo l’andamento di Pfizer, mentre sono decisamente negative le quotazioni di Roche. Nonostante ciò, la Roche ha recentemente concluso alcune importanti acquisizioni e quindi il titolo dovrebbe tornare a salire nelle prossime settimane.

Transazione MontePaschi-Antonveneta

MontePaschi è sempre più convinta di riuscire a portare in porto la transazione che dovrebbe condurla a mettere le mani su Antonveneta: per far ciò, la compagnia senese è decisa a dismettere alcune delle sue attività principali, tra cui il 70% della Sgr e il 49% della Banca Monte di Parma.

Già entro pochi giorni, stando alle convinzioni dei vertici dell’istituto di credito toscano, la partecipazione nella Banca Monte di Parma dovrebbe passare all’interno del portafoglio di Banca Sella: quindi, salvo sgradite e del tutto improbabili sorprese, nome dell’acquirente e data della conclusione dell’accordo sarebbero già in cassaforte.

Dovrebbe tardare poco di più, invece, il passaggio di mano del 70% della Sgr, per acquisire la quale rimangono in pole position Credit Suisse – Investitori associati e Clessidra – Fmr Asset Management.

Aumento prezzi alimentari

Non che ci fosse bisogno di un annuncio (anzi di uno studio ufficiale) della Banca Mondiale per averne sentore. Tuttavia una conferma piuttosto autorevole di quanto l’uso e abuso di biocarburanti abbia nuociuto ai prezzi alimentari, è arrivata proprio nelle scorse ore grazie all’istituzione finanziaria internazionale.

La Banca Mondiale ha infatti dichiarato che a causa del forte incremento nell’utilizzo di biocarburanti, il peso sul prezzo dei prodotti alimentari è aumentato di circa il 75%.

Quanto annunciato dalla Banca Mondiale contrasta pertanto le dichiarazioni del presidente statunitense George W. Bush, che pochi giorni fa aveva reso noto che la principale responsabilità nel caro-prezzi dei cibi era da attribuirsi alla Cina e all’India, e allo sfrenato aumento della loro domanda alimentare.

Investire nelle materie prime

Per chi fosse interessato a investire nelle materie prime e, in particolare, nel mercato del ferro, va ricordato che il titolo di riferimento è il FOE, quotato nella borsa di New York. Nel lungo periodo (5 anni) il titolo ha perso il 5%, passando dai 23,50 dollari di allora agli attuali 17,50, prezzo medio di questa settimana.

Con una capitalizzazione di 764 milioni di dollari nel mercato mondiale e 43,7 milioni di azioni circolanti, il ferro negli ultimi tre anni ha assunto un andamento altalenante, raggiungendo il minimo sotto quota 14 dollari nei mesi scorsi e il massimo a quota 26 dollari a luglio dello scorso anno.

Sicuramente, l’investimento in questo mercato deve essere affrontato con molta cautela da parte del piccolo-medio investitore, così come bisogna usare sempre molta prudenza quando si decide di investire in materie prime. Tre sono le Blue Chips più note che seguono l’andamento del ferro e di molte altre materie prime legate all’estrazione mineraria: l’Anglo American Gold, il BHP Billiton plc e il Rio Tinto, appartenenti a tre multinazionali inglesi, quotati al Nasdaq il primo e al NYSE gli altri.

Investire nei titoli TLC

Investire nel settore delle TLC, i titoli che fanno riferimento alle aziende che si occupano di telecomunicazioni, può essere un’esperienza non sempre positiva. L’andamento di questi titoli è spesso altalenante, incerto e fortemente influenzato dalle scelte economiche intraprese dal mercato globale.

Grande scalpore ha generato, per esempio, il grande ribasso subito dal tandem Retelit – Eutelia. In particolare la prima, Retelit, società che gestisce una rete nazionale di comunicazione in fibra ottica e alle prese con un aumento di capitale, ha fatto registrare perdite pari al 30% rispetto alla settimana precedente. L’operazione di emissione di nuove azioni (che saranno collocate al prezzo indicativo di 0,42 euro) si concluderà il 18 luglio, con un emissione totale di 75,06 milioni di azioni ordinarie che andranno a sostituire i vecchi titoli in ragione di 8 nuove azioni ogni 9 precedentemente possedute. Minori le perdite di Eutelia (-4%) che secondo alcune voci circolanti dovrebbe essere acquisita da Wind.

Alitalia: salvataggio rispetterà la UE

Dopo il nostro approfondimento del 30 giugno, torniamo a parlare della vicenda Alitalia, oramai giunta a una prossima svolta grazie all’attesa decisione da parte dell’advisor Intesa SanPaolo. Corrado Passera, amministratore delegato dell’istituto di credito, al termine di un colloquio con il Commissario UE ai Trasporti, Antonio Tajani, ha dichiarato che non è ipotizzabile una soluzione del caso senza rispettare le normative e le prospettive europee.

Passera ha quindi ammesso di trovarsi dinanzi a una situazione notevolmente difficile, dalla quale, tuttavia, è possibile uscire. Sebbene occorrerà attendere probabilmente due o tre settimane prima di averne conferma ufficiale, più voci vicine alle società interessate sembrano essere concordi nel pensare a una soluzione che preveda una divisione della compagnia aerea di bandiera in due società, una newco e una bad company.

Tra i nomi più accreditati per la nuova Alitalia viene confermato anche nelle ultime ore quello di Carlo Toto, di Air One, mentre si registra un passo indietro da parte di Roberto Colaninno, inizialmente accostato alla cordata italiana in fase di creazione per il salvataggio di Alitalia, e poi discostatosi negli ultimi giorni (sebbene Colaninno non abbia mai esplicitamente aderito all’idea di entrare nel gruppo degli imprenditori).

Crisi mutui

Crisi Mutui

E’ indubbio che la crisi dei mutui americana, oltre ad aver creato scossoni da capogiro nelle borse mondiali ed effetti disastrosi sulla vita di tutti i giorni di ognuno di noi, non cesserà di generare preoccupazioni in breve tempo. Anzi.

Tocca al premio Nobel per l’economia, Edmund S. Phelp, dire la sua. E secondo il noto economista, il sistema finanziario globale non tornerà più a essere lo stesso. La colpa sarebbe a carico delle banche che, appesantite dall’indebitamento sui mutui, non riuscirebbero certamente a rimborsare la totalità dei debiti contratti. Ciò causerebbe una non ripresa dell’intero sistema con effetti ancora più marcati per l’economia reale, quella appunto che pesa sulle spalle dei risparmiatori. Occorrono delle riforme, aggiunge Phepp da Monteporzio Catone dove è stato ospite di un convegno organizzato dalla Fondazione Economia Tor Vergata su Europa: mutamenti climatici e politiche energetiche. “Bisogna che il sistema guarisca”.

USA: mercato auto negativo

Previsioni ancora negative per il mercato automobilistico statunitense. Gli analisti prevedono infatti un vistoso rallentamento per l’intero 2008, annullando tutte le speranze nutrite dagli operatori per un recupero durante la seconda metà dell’anno.

Il più grande mercato auto del mondo, quindi, pare destinato alle sofferenze anche per il semestre appena iniziato. Così come sul trend negativo, c’è concordia anche sulle cause che hanno condotto alla crisi del settore, derivanti da una combinazione tra l’incremento incontrollato dei prezzi del gas e del petrolio, e le strette creditizie che riducono le possibilità di acquisto da parte dei consumatori.

Fiat fa meglio del mercato

Durante il mese di giugno le immatricolazioni di autoveicoli in Italia sono diminuite di ben il 19,5%: un calo vistoso, che ha avuto i suoi riflessi sui ricavi di tutte le principali marche internazionali.

La diminuzione di quasi il 20% rispetto al numero delle immatricolazioni conseguito durante lo stesso mese dello scorso anno è inoltre un dato notevolmente peggiore rispetto alle stime degli analisti, e rispetto anche ai dati provvisori diffusi la scorsa settimana.

Una così forte contrazione del mercato, seppur attesa, ha minacciato anche i conti di periodo di Fiat: la compagnia torinese ha avuto un declino delle immatricolazioni pari al 16,5%. Un decremento piuttosto ingente, che però ha posto la società italiana in una posizione di primo piano rispetto al cattivo andamento del mercato.

Grosso taglio per Starbucks

Starbucks è la catena a stelle e strisce del caffé. I suoi coffee shop sono diffusi un po’ ovunque in territorio americano, ma non navigano di certo in buone acque. Tempo fa, l’azienda ebbe l’idea di associare la musica (e la vendita di file mp3 presso i suoi store) al caffé. L’idea, però, non ebbe l’affermazione schiacciante che i manager americani si attendevano.

Ieri, dopo aver annunciato il taglio di 600 punti vendita e 12000 occupati, il titolo – quotato nel Nasdaq – ha respirato aria fresca con un rialzo dell’1,26%, restando comunque al di sotto dei massimi dell’avvio e dei livelli fatti segnare nel pre-market. In un anno, Starbucks, registra perdite pari al 40,09%, poco più della metà nella performance a 6 mesi.

La chiusura degli store rientra nel piano generale di trasformazione della compagnia. La chiusura dei 600 punti vendita che facevano segnare le perdite maggiori avverrà entro il 2009 e in ogni caso dipenderà dagli accordi presi precedentemente con terze parti.

In rosso le borse mondiali

Rosso è il colore che contraddistingue i derivati in Usa in questi giorni. A pesare è il greggio, dal momento che il nuovo prezzo del petrolio, anche se non ha raggiunto i temuti 144 dollari al barile, rimane a quota 142 e non lascia presagire niente di buono per il futuro.

Perdono il Nasdaq (-13,55% nel confronto semestrale) e l’S&P500 future con scadenza a settembre (-12,83% il dato semestrale). Rosso, un rosso sempre più vivo, è anche il colore delle borse europee, che temono un innalzamento del tasso di inflazione dovuto alla corsa del prezzo del petrolio. Londra, nella giornata di ieri, ha fatto registrare un inflessione del 2,57%, stessa percentuale per Madrid e Parigi, mentre Francoforte si è arrestata a quota -2,13%. Delle stesse dimensioni, il calo degli indici italiani.

Confindustria: rialzo dei tassi BCE

Un’altra voce si alza tra le tante schieratesi in queste settimane contro il prossimo rialzo dei tassi che la Banca Centrale Europea si appresta a varare tra brevissimo tempo. L’autorevole opinione proviene questa volta direttamente dai vertici di Confindustria, per volontà del suo Presidente, Emma Marcegaglia.

Secondo quanto ha dichiarato Marcegaglia, la Confindustria sarebbe preoccupata per un nuovo aumento dei tassi di interesse, definendo l’attuale livello dei tassi stabiliti dalla BCE come un’ulteriore problema in un Paese, come l’Italia, che già fatica enormemente a mantenere un minimo di crescita.

Secondo il Presidente degli industriali, inoltre, l’Italia sarebbe a rischio stagflazione: la priorità diventa quindi far ripartire la macchina produttiva italiana, rinnovando la spinta sul Prodotto Interno Lordo.

Aumento record inflazione

L’inflazione al 3,8%. I prezzi alla produzione su del 7,5%. La responsabilità è della bolletta energetica. E, infatti, la Confesercenti parla di “allarme rosso” e di caro-energia. Il prezzo dell’oro nero continua a salire, sfondando nella giornata di ieri quota 143 dollari/barile, e i problemi grossi devono ancora arrivare.

Ed è la stessa organizzazione di categoria che lancia un monito da allarme rosso: con il greggio sopra quota 200 dollari, l’inflazione salirà di un altro punto percentuale entro il 2008, con gravi conseguenze per l’economia reale del paese, che rischierebbe il collasso. Le preoccupazioni sul futuro del paese da parte di Confesercenti si aggiungono al monito lanciato nei giorni scorsi dallo stesso governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.

Grandi imprese, l’Italia al palo

Secondo una classifica stilata dal Financial Times alla ricerca delle imprese più grandi del mondo per capitalizzazione, l’Italia non riuscirebbe a reggere il confronto con i principali concorrenti internazionali. L’impietoso elenco redatto dal prestigioso giornale economico finanziario vede in testa gli Stati Uniti, che riempiono la lista delle prime 500 aziende al mondo con ben 169 nominativi, e una capitalizzazione complessiva pari a oltre 9.600 miliardi di dollari.

Al secondo posto c’è la Gran Bretagna, con 35 imprese e una capitalizzazione pari a 2.236 miliardi di dollari. Terza la Cina, con 25 società, ma con 1.962 miliardi di capitalizzazione.

L’Italia, invece, è solo tredicesima. Prima di noi alcuni big emergenti, come il Brasile, alcuni nomi storicamente noti come Hong Kong e Canada, e qualche Paese Europea, come le vicine Svizzera e Spagna.