Prezzo petrolio: rischio impennata nel secondo semestre 2013

by Redazione Commenta

 Il petrolio è un bene necessario (che piaccia oppure no) e basilare per l’economia: senza il prezioso oro nero, i principali settori industriali (dal trasporto al petrolchimico) cesserebbero di funzionare. Un aumento del prezzo del petrolio, ha inevitabili ripercussioni su tutti gli altri beni ed incide anche sull’andamento delle valute nazionali. Alla luce dell’attuale scenario economico, quale potrebbe essere la tendenza per il secondo semestre 2013? Sembra che il prezzo del petrolio sia destinato a salire: vi sono infatti almeno quattro fattori principali che suggeriscono un possibile andamento rialzista.

1. Analisi tecnica del prezzo del petrolio

In termini tecnici, il petrolio avrebbe formato la figura del triangolo simmetrico,  un significativo segnale rialzista. Inoltre, l’indicatore stocastico (che individua i punti di inversione di un trend) sta registrando minimi record. Evidenze che lasciano intendere una previsione al rialzo.

2. Crescita degli Stati Uniti

Il recente rapporto del PIL degli Stati Uniti, dimostra che l’economia americana è in ripresa. Anche se il dato del Q1 è stato rivisto al ribasso, le cifre relative al Q2  descrivono un tasso di crescita significativamente superiore alla stima precedente (1,7% rispetto alla previsione  iniziale dell’1,1% ) con una conseguente reazione del prezzo del petrolio,  portato a $ 104.33 al barile. Considerata la prospettiva positiva per l’economia degli Stati Uniti, si potrebbe concludere che nel corso della seconda metà dell’anno, il petrolio possa ricevere una spinta notevole.

3. Offerta di petrolio

A causa della tensioni geopolitiche in Medio Oriente,  si stima che ogni giorno si perdano 700.000 barili di petrolio. Questo numero potrebbe salire a circa un milione, ovvero pari all’1,1% della produzione mondiale. Il dato potrebbe sembrare poco significativo, ma l’incertezza che circonda la situazione mediorientale sta destando notevole preoccupazione nel mercato. Se lo scenario dovesse deteriorarsi ulteriormente, potrebbe verificarsi uno “stop” della produzione di petrolio, evidentemente negativo per la fornitura di oro nero.

4. Politiche monetarie inflazionistiche

Alla luce degli sviluppi registrati dall’inizio dell’anno, è abbastanza chiaro (soprattutto al mercato) che le principali banche centrali stanno focalizzando la propria azione sulla crescita, piuttosto che sull’obbiettivo inflazionistico. In questo senso, i banchieri centrali stanno facendo il possibile per stimolare l’economia.

Per esempio, la Banca del Giappone (BOJ) ha adottato un atteggiamento aggressivo per combattere la deflazione mentre negli Stati Uniti, la Federal Reserve si è impegnata in un programma di quantitative easing a tempo indeterminato (per un ammontare di $ 85 milioni al mese). Ed ancora, sia nella zona dell’euro che nel Regno Unito, i tassi di interesse sono ai minimi storici: le stesse banche centrali hanno confermato che resteranno a tali livelli per “un periodo di tempo prolungato”.

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