
Al 30 giugno 2009, in particolare, i prestiti deteriorati erano il 4,52% dell’esposizione netta mentre a fine giugno di quest’anno la percentuale è passata al 6,22%.
Al 30 giugno 2009, in particolare, i prestiti deteriorati erano il 4,52% dell’esposizione netta mentre a fine giugno di quest’anno la percentuale è passata al 6,22%.
Se si escludono le voci straordinarie l’utile è stato di 501 milioni di euro, in calo del 23,3% rispetto ai 644 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi si sono attestati a 2,456 miliardi, in crescita del 2% rispetto al trimestre precedente, soprattutto grazie alla crescita degli impieghi e alla ripresa dei tassi euribor. Lo stesso dato, tuttavia, se paragonato a quello registrato nel secondo trimestre dello scorso anno evidenzia un calo del 10,9%.
Chifflet, in particolare, si è indirettamente riferito all’ipotesi “spezzatino” riportata alcuni giorni fa dal giornale americano Investment News, secondo cui Unicredit starebbe valutando la possibilità di suddividere Pioneer in due parti, in modo tale da separare il business americano da quello europeo.
La banca francese, in particolare, ha chiuso il secondo trimestre 2010 con un utile netto pari a 379 milioni di euro, in crescita dell’87% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e superiore alle previsioni degli analisti, ferme a 318 milioni. I ricavi hanno registrato un incremento del 20% a 5,47 miliardi rispetto ai 4,56 miliardi di un anno fa, mentre il margine operativo lordo è cresciuto del 31% a 2,06 miliardi.
Lo scenario di debolezza generale delle borse è dovuto principalmente alle decisioni prese dalla Federal Reserve, che ha lasciato i tassi di interesse invariati.
Le uscite nette di fondi sono state di 5,5 miliardi di franchi nella gestione patrimoniale e nel segmento “banca svizzera” (Wealth Management & Swiss Bank) e di 2,6 miliardi di franchi nella gestione patrimoniale americana (Wealth Management Americas) contro, rispettivamente, gli 8,2 e i 7,2 miliardi di franchi del primo trimestre.
Complessivamente i risultati del colosso bancario tedesco sono risultati essere in linea con le attese, soprattutto grazie ai minori accantonamenti sui crediti per via di una debole attività di investment banking.
La banca d’affari ha motivato la sua decisione spiegando che non si tratta di una valutazione che deriva dalla perdita di fiducia nei confronti dell’istituto bancario, anzi, continua ad apprezzare il suo modello di business, semplicemente però ritiene che un apprezzamento del suo titolo nel breve periodo sia alquanto improbabile.
Del resto non è una novità che Hsbc ha intenzione di puntare alla Cina, sono già diversi mesi che il colosso bancario inglese sta lavorando per diventare una delle prime società straniere quotate alla Borsa di Shanghai, inoltre di recente ha manifesto l’intenzione di raccogliere un significativo quantitativo di fondi per finanziare la sua espansione in Cina.
Ma a quanto pare Credit Agricole non è l’unica banca francese a risentire delle difficoltà della Grecia, secondo quanto riferito dal Wall Street Journal, infatti, Société Générale controlla una banca di Atene che risulta essere in forte perdita. Stessa cosa vale anche per Bnp Paribas che ha tra le sue proprietà una banca portoghese e investimenti per diversi miliardi di euro sia in Grecia che in Spagna.
La notizia, dunque, appare in linea con le dichiarazioni rilasciate durante la scorsa settimana, quando i vertici di Mediolanum avevano annunciato la volontà di porre in essere una strategia avente ad oggetto l’acquisizione di reti di piccole banche al fine di incrementare il volume di masse gestite.
A quanto pare il settore bancario cinese risulta essere quello più debole e questa mancanza di fiducia degli investitori potrebbe dipendere dai piani di raccolta di liquidità promossa dal governo di Pechino.
La raccolta di premi diretti nei danni è scesa del 3,7%, con combined ratio a 105% dal 108% di fine 2009. In calo anche la raccolta diretta vita che cede il 28,2% sul primo trimestre 2009 a 1,193 miliardi. Le risorse relative ai fondi negoziali si sono attestate a 2,1 miliardi mentre i fondi pensione aperti hanno raggiunto quota 220 milioni.
Il giudizio di Morgan Stanley si colloca qundi in controtendenza rispetto alla valutazione effettuata qualche giorno fa da Moody’s, che aveva creato il panico nelle Borse europee dopo aver ipotizzato un rischio di contagio per i sistemi bancari di alcuni paesi europei, tra cui Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda e Gran Bretagna.