
UBS, in particolare, ha evidenziato che nei primi sei mesi dell’anno i costi di Barclays sono saliti mentre i ricavi hanno registrato un calo che ha riguardato quasi tutte le principali divisioni, eccetto l’Africa e la gestione del risparmio.
UBS, in particolare, ha evidenziato che nei primi sei mesi dell’anno i costi di Barclays sono saliti mentre i ricavi hanno registrato un calo che ha riguardato quasi tutte le principali divisioni, eccetto l’Africa e la gestione del risparmio.
In quest’ultimo dato, in particolare, sono inclusi 851 milioni di plusvalenze per rivalutazione dei crediti, mentre gli oneri da svalutazione hanno registrato un calo del 32% a 3,08 miliardi, nonostante siano state registrate delle pesati perdite sugli impieghi in Spagna. Nel primo semestre, inoltre, gli accantonamenti complessivi sono stati pari al 37% dei ricavi, contro il 38% dello scorso anno.
Un ottimo risultato inatteso anche dagli analisti che per la banca britannica, che durante la fase più dura della crisi ha ricevuto ingenti aiuti da parte del governo, avevano previsto un utile di soli 695 milioni. A spingere in alto i risultati di Lloyds Banking Group, in particolare, è stato soprattutto il forte declino delle rettifiche su crediti.
A far bene sperare per i prossimi mesi sono soprattutto gli accantonamenti per le sofferenze che si sono letteralmente dimezzati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a 1,08 miliardi, il livello più basso mai registrato dal fallimento di Lehman Brothers del 2008.
Le uscite nette di fondi sono state di 5,5 miliardi di franchi nella gestione patrimoniale e nel segmento “banca svizzera” (Wealth Management & Swiss Bank) e di 2,6 miliardi di franchi nella gestione patrimoniale americana (Wealth Management Americas) contro, rispettivamente, gli 8,2 e i 7,2 miliardi di franchi del primo trimestre.
A spingere la valutazione del titolo è anche il giudizio positivo di Intermonte, che sulla banca ha portato il rating da neutral ad outperform con target price a 5,5 euro per azione, sostenendo che gli stress test non hanno evidenziato criticità tali da richiedere un rafforzamento di capitale immediato.
Con ordini pari a 1,2 miliardi di euro, l’istituto di credito italiano è riuscito ad avere una cedola del 9,375% contro il 9,5% previsto in una prima fase, secondo i dati resi noti da Radiocor.
Come rivelato dal Cebs saranno 91 le banche in Europa ad essere sottoposte agli stress test, tra le quali figurano anche le italiane Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Banco Popolare e Ubi, con i risultati che verranno pubblicati il 23 luglio prossimo.
A rivelarlo, secondo quanto riportato dai principali giornali, sono state fonti vicine all’operazione, le quali hanno precisato che il bond verrrà offerto ad un rendimento che si aggira intorno ai 240 punti base sopra il tasso del midswap. L’istituto bancario, sempre secondo le indiscrezioni, ha dato mandato a Banca Imi, Bnpp, Credit Suisse e Deutsche Bank di curare l’emissione del prestito che sarà destinato esclusivamente ai mercati internazionali.
Sul settimanale tedesco Der Spiegel è stato scritto che le autorità di controllo europee non hanno voluto includere uno scenario di default sovrano nelle prove.
Banca Popolare di Milano innanzitutto ha voluto chiarire di non aver mai preso parte a degli stress test a livello europeo, oltre al fatto che dai risultati emersi da esercizi condotti internamente non ha nessun bisogno di effettuare un rafforzamento del capitale.
Gli istituti richiedenti sono stati in totale 171.
Il cambio euro dollaro è ora pari a quota 1,2242, ma in seguito alla notizie dell’asta era salito anche fino a quota 1,2274.
La banca d’affari ha motivato la sua decisione spiegando che non si tratta di una valutazione che deriva dalla perdita di fiducia nei confronti dell’istituto bancario, anzi, continua ad apprezzare il suo modello di business, semplicemente però ritiene che un apprezzamento del suo titolo nel breve periodo sia alquanto improbabile.
Vengono così confermate le indiscrezioni di qualche giorno fa.
Il Presidente del Consiglio di Amministrazione di Unicredit Group, Dieter Rampl, si è detto molto contento dell’apprezzamento verso il gruppo bancario da parte dell’investitore del fondo arabo.