Michelin chiude un impianto lasciando senza lavoro 1000 persone

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La crisi del settore automobilistico ha inevitabilmente coinvolto anche tutte quelle aziende la cui attività è subordinata all’andamento delle vendite di auto, proprio come Michelin, azienda leader nella fabbricazione di pneumatici che ha annunciato la chiusura dell’impianto di Opelika, in Alabama, dove attualmente lavorano più di mille persone.

La decisione di chiudere l’impianto, ha spiegato l’azienda, appare come inevitabile. La crisi mondiale e le ingenti difficoltà riscontrate da quelle che rappresentano le aziende automobilistiche leader nell’economia americana ha determinato un calo della domanda senza alcun precedente.

General Motors si avvicina alla bancarotta e Sergio Marchionne al ruolo di AD Chrysler

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General Motors appare sempre più vicina alla bancarotta e i più danno già per spacciata l’azienda, nonostante la casa costruttrice americana ha ancora un mese di tempo per presentare un piano di ristrutturazione valido che sia in grado di convincere il governo americano a concedere gli aiuti richiesti.

La sfiducia arriva soprattutto dall’amministrazione Obama che ha fatto sapere di essere già al lavoro per realizzare una bancarotta rapida ed efficace nel caso in cui General Motors non riesca a dimostrare di poter tornare ad essere solvibile, circostanza sicuramente non sperata dai contribuenti americani a cui la bancarotta del colosso automobilistico comporterebbe un’aggravio di spesa quantificato in una cifra compresa tra i 5 e i 7 miliardi di dollari.

Titolo Fiat in netto rialzo

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Hanno seguito l’andamento positivo di Wall Street e dei mercati asiatici tutte le principali borse europee con Parigi che segna +3,26%, Francoforte +3,42% e Londra +2,72%. A Milano il Mibtel segna un rialzo del 2,61%, mentre l’S&PMib guadagna il 2,87%. A Piazza Affari registrano un andamento positivo anche i titoli bancari con Banco Popolare +6,67%, Unicredit +5,23% e Intesa Sanpaolo +2,56%.

Ma la vetta spetta a Fiat che guadagna il 7,63% grazie soprattutto ai dati relativi alle immatricolazioni del mese di Marzo che vedono il Lingotto leader nel settore delle vendite italiane.

Grazie agli incentivi crescono le immatricolazioni a Marzo

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I tanto attesi incentivi statali hanno fortunatamente sortito effetti positivi sul mercato automobilistico, settore economico che nei primi mesi del 2009 aveva registrato forti perdite proprio perchè la maggior parte dei consumatori che intendevano acquistare una nuova auto attendevano gli incentivi statali annunciati dal governo.

Durante il mese di Marzo, infatti, le immatricolazioni sono state 214.218, con un aumento dello 0,24% rispetto al 2008. Ma la buona notizia non riguarda solo un incremento delle vendite ma soprattutto un aumento nell’acquisto di auto fabbricate in Italia, cresciute del 6,05% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, compensando così la flessione del 2,36% fatta segnare dalle marche straniere.

Chiuso l’accordo tra Chrysler e Fiat

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L’ultimatum che Barack Obama ha lanciato a Chrysler ha sortito senza dubbio i suoi effetti. Come ricordiamo, infatti, il presidente degli Stati Uniti aveva condizionato gli aiuti richiesti dalla casa automobilistica americana alla sottoscrizione dell’accordo tra Chrysler e Fiat, accordo che prevedeva una partecipazione del 35% di Fiat in cambio dell’apporto di nuove tecnologie atte a rendere le vetture Chrysler più competitive e in grado di far si che l’azienda riesca ad evitare il fallimento e ad uscire dalla crisi, nonchè a riconquistare una fetta consistente del mercato automobilistico.

I 30 giorni di tempo concessi da Barack Obama, tuttavia, si sono rivelati più che superflui. Chrysler, infatti, ha reso noto di aver sottoscritto l’accordo con Fiat e anche se alcuni dettagli devono essere ancora perfezionati il più è stato già deciso.

Obama respinge i piani presentati da Chrysler e General Motors

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Per i colossi automobilistici americani gli aiuti statali sembrano allontanarsi sembra di più. La task force designata dal presidente Barack Obama, infatti, ha bocciato il piano di ristrutturazione prospettato da Chrysler e General Motors definendolo assolutamente incapace di garantire alle due aziende un risanamento della loro situazione finanziaria.

Il piano di recupero di General Motors, in particolare, prevede una richiesta di ulteriori 16,6 miliardi oltre ai 13,4 già incassati e, allo stesso tempo, prevede un drastico taglio dei costi, ossia il licenziamento di 47.000 posti di lavoro, la chiusura di diversi impianti, e la vendita di alcuni marchi come Saturn e Hummer.

Fallimento General Motors

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I vertici di General Motors hanno espresso seri dubbi sulla capacità dell’azienda di sopravvivere ulteriormente ed evitare il fallimento. Il colosso americano, nel 2008, ha registrato perdite per un ammontare complessivo di 30,9 miliardi di dollari, perdite gravissime mai registrate in tutta la storia della casa automobilistica.

Il futuro dell’azienda, quindi, è inevitabilmente nelle mani del governo americano e nella sua decisioni di concedere o meno gli aiuti richiesti. In caso risposta negativa la società si troverebbe costretta a seguire la procedura indicata della legge fallimentare attualmente in vigore in america, cercando di preservare così l’attività aziendale ed, eventualmente, procedere alla liquidazione.

General Motors registra perdite per 9,6 miliardi di dollari

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General Motors ha reso noto di aver registrato una perdita di circa 9,6 miliardi di dollari durante l’ultimo trimestre del 2008. La notizia arriva all’indomani del primo discorso tenuto da Barack Obama dinanzi al Congresso a camere riunite, discorso in cui il Presidente degli Stati Uniti ha affermato che non ha alcuna intenzione di abbandonare il settore automobilistico ma, al contrario, di essere pronto a fornire il sostegno del governo soprattutto per tutelare le migliaia di lavoratori dipendenti delle aziende automobilistiche.

La perdita registrata da General Motors nell’ultimo trimestre del 2008, se sommata a quelle registrate nella restante parte dell’anno, raggiunge un ammontare complessivo di 30,9 miliardi di dollari, una perdita piuttosto grave ma comunque migliore rispetto a quella relativa al 2007, anno in cui la casa automobilistica di Detroit aveva registrato perdite per un ammontare di 43 miliardi di dollari.

Obama promette sostegno per il settore auto

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Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, durante il suo primo e attesissimo discorso tenuto ieri dinanzi al Congresso, ha confermato che il suo programma economico non prevede l’abbandono del settore auto. Quello che, in realtà, spinge Obama ad aiutare l’industria automobilistica non è affatto la convinzione che le varie case costruttrici meritino l’aiuto del governo per rimanere in vita, bensì i numerosi lavoratori dipendenti che perderebbe il loro posto di lavoro in caso di fallimento delle varie aziende.

Obama, infatti, ha sottolineato che la sua azione non è affatto finalizzata a correggere gli errori che il settore automobilistico ha commesso in passato ma, bensì, a tutelare i milioni di lavoratori che rimarrebbero senza lavoro e non sarebbero più in grado di fornire sostegno economico alle proprie famiglie.

Bonus acquisto auto: l’Europa chiede spiegazioni

autoLa Commissione Europea ha inviato una lettera al governo italiano nella quale chiede espressamente delle delucidazioni sul piano varato dal governo a sostegno dell’industria automobilistica e di quella relativa al settore degli elettrodomestici.

La Commissione, che ha chiesto una risposta del governo italiano entro cinque giorni, nutre seri dubbi sulla conformità di questo piano con le attuali normative comunitarie.

Chrysler e General Motors presentano il loro piano di recupero

General Motors e Crysler hanno consegnato il loro piano di recupero al governo americano. I rispettivi piani contengono, sostanzialmente, la richiesta di un aiuto finanziario da parte del governo quantificato in 21,6 miliardi di dollari e la pianificazione di un notevole taglio dei costi.

Il piano di recupero di General Motors, in particolare, chiede al governo un aiuto quantificato in 16,6 miliardi di dollari, prevede la chiusura di cinque fabbriche negli Stati Uniti e il licenziamento di 47.000 lavoratori di cui 26.000 al di fuori degli Stati Uniti. I licenziamenti verranno effettuati entro la fine del 2009 e, ha affermato General Motors, si tratterà del più vasto taglio dei posti di lavoro mai registrato in tutta la storia degli Stati Uniti.

Nissan taglia 20.000 posti di lavoro

La crisi economica continua a mietere vittime nell’industria automobilistica. L’ultima, ma solo in ordine di tempo, è Nissan che dopo aver previsto una perdita di 265 miliardi di yen ha annunciato un taglio di 20.000 posti di lavoro in tutto il mondo, circa l’8,5% della sua forza lavoro.

La drastica misura si è rivelata obbligatoria dopo il drastico calo delle vendite. Carlos Ghosn, direttore esecutivo Nissan, ha affermato che la peggiore ipotesi che potesse essere prospettata sullo stato dell’economia non solo è stata raggiunta ma è anche stata ampiamente superata. Nissan, infatti, non è affatto un eccezzione, è soltanto una delle numerosissime industrie che ne stanno subendo le conseguenze.

Il governo pianifica aiuti per il settore auto e non solo

I settori più colpiti dalla crisi economica sono stati indubbiamente quello relativo all’industria automobilistica e quello dei prodotti elettronici. Proprio per questo il Presidente del Consiglio Silvio Belusconi ha affermato che, oltre agli incentivi statali alla rottamazione, il governo sta prendendo in considerazione l’idea di fornire un sostegno anche all’industria degli elettrodomestici.

Fiat e Chrysler, accordo concluso entro il 17 Febbraio

Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat, ha spiegato che in relazione al possibile accordo con Chrysler ancora nulla è definitivo, le trattative sono ancora in corso ma, tuttavia, la questione sarà definita entro il 17 Febbraio poichè entro questo termine Chrysler dovrà presentare al governo americano il suo personale piano di recupero al fine di ottenere i finanziamenti necessari per cercare di portare i profitti societari almeno ad un livello pari a quello relativo al periodo antecedente la crisi.