
Ma questo potrebbe non bastare nel breve periodo per il titolo in quanto il quadro tecnico di breve termine rimane comunque molto indebolito dalle sedute della scorsa settimana, periodo nel quale Unicredit ha ceduto la soglia psicologica a 2,5 euro.
Ma questo potrebbe non bastare nel breve periodo per il titolo in quanto il quadro tecnico di breve termine rimane comunque molto indebolito dalle sedute della scorsa settimana, periodo nel quale Unicredit ha ceduto la soglia psicologica a 2,5 euro.
Unicredit con queste ultime prestazioni mostra un’ottima capacità di tenuta, come evidenziano gli analisti, aggiungendo inoltre che dopo il forte rimbalzo delle ultime sedute, il titolo ora deve costruire un’utile base accumulativa, capace di sostenere un ulteriore movimento rialzista.
Nella giornata di oggi il titolo sta rimanendo inchiodato sui 2,51 euro per azione con una variazione, se pur minima, dello 0,4% in positivo. I risultati che arrivano dal trimestrale non sono però confortanti così come molte aziende come Mediaset e gran parte degli istituti di credito che devono affrontare il recupero di crediti non gestibili.
Rimbalzo che non è andato a buon fine, infatti il valore del titolo è rimasto al di sotto della resistenza che si trova a quota 2,43-2,45 euro. Rimane così molto contrastato il quadro di breve periodo.
Del comitato che si riunisce oggi, fanno parte il presidente Dieter Rampl, l’amministratore delegato Alessandro Profumo e rappresentanti degli azionisti. Il piano strategico prevede di mantenere una forte autonomia territoriale, attuando però una semplificazione di tutta l’organizzazione del gruppo.
Verranno accorpate le cinque banche che ora fanno capo alla holding di Piazza Cordusio, che sono Banco di Sicilia, Unicredit Banca di Roma, Unicredit Banca, Unicredit Private Banking e Unicredit Corporate Banking.
Le banche si cui si parla sono Unicredit e Nexis, creditrici nei confronti di Upim per circa 140 milioni di euro. Secondo alcune indiscrezioni Coin non sarebbe disposta ad “ereditare” il debito di Upim e per questo si sta concordando una soluzione alternativa, una possibile è la decisone delle banche di convertire in azioni parte del debito di Upim.
Questo movimento non fa altro che confermare l’attuale quadro tecnico di breve periodo di Unicredit, che è molto fragile, come indicano anche gli esperti e come indica il recente scontro con quota 2,8 euro.
Se si vuole guardare il bicchiere mezzo pieno comunque questo calo a 2,17 potrebbe indicare il punto minimo della discesa delle ultime sedute.
Infatti la tenuta del supporto grafico a 2,45 euro e il forte ipervenduto potrebbero innescare un veloce recupero con un primo target in area 2,54-2,55 euro e un secondo verso 2,59-2,6 euro.
Unicredit era crollato sotto la soglia psicologica dei 2,7 euro e si stata addirittura avvicinando pericolosamente attorno ad un valore di 2,60, che indica il prossimo target in negativo da non raggiungere. Ben lontano dal target price di 3,26 previsto qualche giorno fa.
In chiusura di settimana scorsa Unicredit ha tentato un ulteriore aggancio a quota 2,8 euro, fallito però, anche se gli analisti e gli esperti vedono un quadro di breve periodo per il titolo costruttivo.
E’ di oggi la notizia che la società di consulenza italiana per gli investimenti azionari Equita ha alzato il target price del titolo Unicredit da 2,8 a 3,26. Equita ha inoltre posto il titolo nella modalità BUY quindi secondo la società di consulenza il titolo è da comprare.
Si sta registrando quella che in gergo tecnico viene definita riduzione della pressione rialzista, in controtendenza alla risalita precedente, con i volumi degli scambi sul titolo della banca che stanno diminuendo sensibilmente.
Il Ftse Mib ha così ceduto lo 0,39% a quota 23.472 punti, il Ftse All Share ha lasciato sul campo lo 0,33% a 23.939 punti. Come detto erano le notizie che arrivavano dagli States a preoccupare i listini, in particolar modo il dato Usa sull’occupazione ed il Pmi di Chicago.
Come ha spiegato il ministro nel corso di una conferenza stampa la sua critica non è una questione personale, non si tratta di uno sgarbo a lui o al governo ma di un serio danno che le banche arrecano alle imprese, le vere destinatarie del provvedimento del governo.